Il libro Spiritual Talks by the First Disciples of Sri Ramakrishna (Incontri spirituali con i primi discepoli di Sri Ramakrishna) venne originariamente pubblicato dall'Advaita Asrhama, Mayavati, Himalayas. Dopo la prima edizione del 1936, il libro è stato rieditato più volte, grazie al suo contenuto, considerato altamento valido.
Questo volume raccoglie, per la prima volta in un testo, qualche insegnamento dato da sei figli spirituali del Maestro: Sri Sarada Devi, Swami Brahmananda, Swami Premananda, Swami Turiyananda, Swami Shivananda et Swami Saradananda. Le parole di questi diretti discepoli furono rivolte a degli ammiratori particolari, o a dei gruppi di fedeli, che le riportarono e permisero, più tardi, di trascriverle per la pubblicazione in oggetto. Da qui, l'immediatezza ed il potere di questi insegnamenti.
Con Swami Turiyananda
Dal sesto capitolo della Gita, egli citò i versi cosparsi di illuminanti e bei commentari:
" Per un nonnulla il mentale agitato ed instabile si perde; frenatelo, riconducetelo sotto il solo dominio del Sé."
" Con perseveranza infaticabile, il mentale deve venire ancora ed ancora ricondotto all'Atman. Appartiene alla natura del mentale l'essere incostante e agitato, come un bambino capriccioso che debba venire riportato ai suoi studi, tenendolo per un'orecchio. Il mentale si deve condurre addirittura al di là di Buddhi – la facoltà che determina – direttamente verso Atman. Sicuramente saranno necessari degli sforzi costanti, ma la mente, alla fine, si adatterà al vostro dominio e rimarrà calma e fissa sull’Atman. All’inizio dovrete trascendere Tamas; poi, Rajas; e infine trascenderete lo stesso Sattva. Sarà allora che realizzerete che il Sé penetra ogni cosa. Scoprirete che solo Lui esiste, e null’altro. Ciò è chiamato lo stato di coscienza trascendente.
Noi dobbiamo imprigionare i sensi, la mente e l’intelletto: questi avamposti della coscienza; e, pure, conquistare la lussuria. Lussuria, collera ed avarizia sono diverse forme di una medesima realtà. Sono gli eterni nemici di Jnani; e le distruttrici della conoscenza e della saggezza. Convogliate i sensi verso il Signore. E’ il modo di dar loro una lezione.
D. parlò di Shri Ramakrishna, capace di determinare delle trasformazioni improvvise nella vita di alcolizzati e di uomini sensuali. In riferimento a questi casi, lo Swami affermò: "Sì, è tutto vero. Ma, a qualcuno, tuttavia, egli permetteva un intervallo. "Divertitevi" – diceva loro – "Non graciderete per molto tempo, ora che siete stati morsi da un serpente velenoso."
"Se vi trovate in contatto con l’Atman, siete salvi."
11 gennaio 1921
Swami: " Ieri sera mi è salita la temperatura. All’inizio, i miei assistenti me l’hanno nascosto, e hanno dichiarato che avevo 37°3. Quando la verità venne a galla essi si scusarono dicendo di avere letto male. "Là ove l’ignoranza è beatitudine, è una follia essere saggi". Tuttavia, l’ignoranza non è mai salutare. Solamente la Conoscenza è la sola realtà. E – come disse Gaudapada: " Quando la conoscenza viene, dissipa ogni dualità. E’ la doppia coscienza la radice di ogni male. Con la distruzione del dualismo svanisce ogni timore. Il senso del dualismo genera tutte le paure. In verità, oh Janaka, tu hai raggiunto l’intrepidità!"
"E inutile leggere le Scritture, a meno che voi non pratichiate quanto esse rivelano. I Libri esistono da tempo immemorabile! Mentre io – allora avevo ventisei anni - e Maharaj (Swami Brahmananda) erravamo nella valle di Kangra incontrammo un monaco di circa quarantadue anni, molto sincero e semplice. Egli disse:" Durante gli ultimi sedici anni ho studiato i Vedanta. Tuttavia, anche oggi la vista di una donna mi priva di ogni controllo, proprio come pensare al tamarindo fa crescere la saliva nella bocca!" Aveva perfettamente ragione. Che c’è in un Libro?"
" Chandasoka, fortemente esasperato da un uomo, lo inseguì brandendo una spada. L’uomo cercò rifugio in un monastero, e l’Abate, malgrado fosse del tutto consapevole del rischio, gli accordò asilo. Appena Asoka arrivò e chiese notizie dell’uomo, l’Abate ammise che costui si trovava lì; non poteva certo mentire. " Datemelo" – ingiunse l’Imperatore. "No, Signore" – fu l’audace risposta. Ciò rese talmente furioso Asoka, ch’egli alzò immediatamente la spada per colpirlo. Con sua grande sorpresa, il monaco rimase impassibile, senza il minimo segno di paura, o di un movimento di muscolo. L’Imperatore gli chiese: " Come mai non tremate, di fronte alla morte?" " Perché dovrei? Alla morte di chi, vi riferite?" Di conseguenza essi iniziarono a discutere, ed alla fine Chandasoka divenne Dharmasoka. Difatti, l’Imperatore possedeva una viva intelligenza, e comprese.
"Il Vedanta comunemente praticato in certe parti del paese è d’una natura priva di morale. " Io sono Brahman" – viene affermato, e si continua a fare ogni genere di azione, come se queste non riguardassero nessuno. La Discriminazione – secondo alcuni – non è un segno di conoscenza. Anche le donne sono della stessa opinione. A volte, delle cose infami sono eseguite in nome del Vedanta.
"Conoscete la storia di un monaco che venne a vivere nella Panchavati, a Dakshineswar. Presero a circolare dei pettegolezzi sul suo carattere, fino a che essi giunsero alle orecchie del Maestro. E quando questi gli fece delle rimostranze il monaco disse: " Se il mondo è irreale, solo i miei errori di comportamento debbono essere reali?" E Sri Ramakrishna replicò:" Sputo su una conoscenza come la tua! La menzogna non dovrebbe mai venire autorizzata a prosperare."
L’uomo comune esprime quelle attività che tendono a perpetuare le catene dell’attaccamento. Ciò risulta vero per il mondo intero. La sola eccezione è rappresentata dai monaci, che hanno scoperto l’evanescenza del mondo e vi hanno rinunciato. La Conoscenza inizia ad apparire quando la discriminazione è perfetta."
12 gennaio 1921
Swami:" Com’é difficile tenere costantemente lo spirito al di sopra del mondo! Esso vuole discendere. E’ veramente duro sfuggire alla morsa dei desideri. Come diceva Shri Ramakrishna:" Anche chi non possiede nessun’altro che egli possa chiamare suo, ecco che alleva un gatto e crea dei legami famigliari."
"La Realizzazione! – Ah, com’è prodigiosa! Il semplice pensiero del Signore ci riempie di gioia. Chi può misurare la felicità di vederlo faccia a faccia?"
Nell’oceano di Brahma, colmo della beatitudine assoluta, cosa esiste da evitare e cosa vi è da accettare? Chi è l’altro (se non se stesso) e in cosa differisce? Non vedo, non intendo, non conosco nulla, lì dentro. Esisto come il Sé, l’Eterna Beatitudine – diversa da ogni altra cosa."
14 gennaio 1921
A proposito del corso tenuto ieri sulla Bhagavata, Swami afferma: "Che consiglio eccellente fornisce Prahlada ai suoi compagni!" Dice:" Adorate il Signore dalla vostra stessa infanzia. Questo corpo è quanto mai disprezzabile. La grazia salutare si mostra aiutandoci nella realizzazione del Signore." E con quale ardimento afferma al proprio padre che nessuno mai gli ha insegnato ad amare Dio; né i suoi Maestri, né lui stesso (n.d.t.: il padre)! Un amore per Dio – dice – accessibile solo attraverso la grazia dei devoti. Ed il padre, allora, si mette a gridare:" Chi è questo qui? Temo proprio che diverrà la causa della mia morte. Anche Brahma e Vishnou tremano davanti a me; ma costui discute senza paura con me! Uccidetelo!"
"Voi probabilmente penserete che si tratti di un fatto inventato. No. E’ tutto vero. Prahlada non è morto; vive nel cuore di ogni devoto; nel vostro e nel mio. Quando tali sforzi prodigiosi non sono riusciti ad ucciderlo, in che altro modo potrebbe egli morire? Lui stesso non è forse riuscito a realizzare di vivere latente in ogni cosa? Leggete il Vishnou Purana; ove scoprirete che la sua coscienza monastica ha potuto far galleggiare dei blocchi di pietra sull’acqua.
Un altro eccellente libro è il "Chandi"! La cui filosofia ha dimostrato l’unità di Brahman con Shakti. Quest’ultima, la Madre Divina, è l’Assoluto; ma pure il relativo, con la forma dell’universo. Penetra ogni cosa. Mahamaya (la Grande Illusione) ha velato ognuno di illusione, per permetterLe di portare avanti tranquillamente il Suo gioco. Essa riesce ad accordare con reciprocità i piaceri del mondo con l’emancipazione spirituale. Questo, il tema del libro. Il Re Suratha ed il negoziante Samadhi hanno adorato la Madre per tre anni prim’ancora di realizzare il proprio desiderio.
Perché succede che noi sappiamo e, ciononostante, non riusciamo ad agire? Ciò è dovuto alla Sua Maya. Che deve venire placata. Quando essa si trova inerte, la Madre concede il dono della Libertà. Sì, privo della Sua grazia, nessuno può svincolarsi da questa rete d’illusione. L’uomo ordinario non realizza la beatitudine suprema, lo stato di coscienza universale se non attraverso il culto. Non esiste altro modo.
Rivolgetevi agli altri come parlereste a voi stessi. Cioè, riconoscete che ognuno è come il vostro proprio io. Vi incollerite mai con voi stessi? Comportatevi anche così verso gli altri. Tuttavia, ciò diverrà possibile solamente quando vedrete il vostro proprio Sé esistere nel prossimo. Questo é lo spirito soggiacente al culto del povero della dottrina di Swami; le forme di Narayana. E’ del tutto vero che esiste un piano di coscienza in cui tutto si rivela come il proprio Sé. E’ quando ha raggiunto tale stato di consapevolezza che non appare più alcuna confusione all’uomo.
A questo punto la conversazione si diresse sulle magnifiche opere di carità di Babu Ishan Chandra Mukhrji. Ishan Babu era un devoto di Sri Ramakrishna ed il Maestro gli aveva chiesto di rinunciare a queste opere di beneficenza per dirigere interamente il suo spirito a Dio.
Swami: " Anche in queste azioni caritatevoli appare un sottile egoismo. Probabilmente, egli (n.d.t.: Babu Ishan) ha tenuto uno sguardo sulla fama. Ecco perché potrebbe esprimersi come arbitro, o guida. E’ veramente molto difficile l’opera disinteressata!"
N.: Il lavoro che noi (i monaci dell’Ordine) facciamo possiede la natura di questo egoismo? Alcuni affermano che noi agiamo guidati dalle nostre inclinazioni.
Swami:" Vero, siete guidati dalle vostre inclinazioni individuali; ma, il vostro lavoro, eseguito nel giusto spirito, porterà un frutto esattamente opposto a quello che si accumula con l’egoismo."
N.:" Alcuni avanzano dei dubbi sul fatto che le nostre azioni siano realmente quelle di Shri Ramakrishna."
Swami:" Allora, perché lavorare? La distinzione che le opere rappresentino quelle di Swami e non quelle del Maestro è del tutto irrazionale. Swami non ha espresso una sola idea che gli appartenga personalmente. Colui che potesse esprimere una differenza qualunque tra Swami e Srhi Ramakrishna dovrebbe essere veramente impudente!"
"Alcuni considerano queste opere inferiori alla meditazione. Non sanno quel che dicono. Cos’è la meditazione? Per quale ragione viene altamente apprezzata? Perché rappresenta il mezzo di unire l’anima a Dio. Ora, analizziamo quanto Swami, che ha iniziato le opere, voleva significare. Vi ha chiesto di assistere semplicemente i pazienti, oppure di rendere culto a Narayana, attraverso essi? Ed allora, in cosa questo culto di Narayana è diverso dalla meditazione? Può certamente accadere che non si abbia la possibilità di servirlo con questo spirito, ma non ne deriva il diritto di chiamarlo inferiore. Swami ha proclamato questa nuova via dopo aver realizzato che il Sé è immanente in ogni cosa. Ma la gente non lo capisce ed insiste, di conseguenza, a seguire le vecchie routines della pratica spirituale. Tre giorni di questo servizio, compiuto a regola d’arte, condurrebbero alla realizzazione spirituale. Ed è stata proprio questa l’esperienza di tutti coloro che l’hanno fatto. K. mi ha detto che durante i giorni in cui lavorava nell’ospedale provava una grande elevazione spirituale. Ogni uomo non è Dio Medesimo? "Il Signore risiede in ogni cuore". Se non comprendiamo quest’ultimo concetto, la colpa è solo nostra, e di nessun altro.
Una volta, quando confidai a Shri Ramakrishna che l’ideale della mia vita era di raggiungere il Nirvana, egli mi rimproverò per il fatto che io mi nutrissi di un ideale così poco elevato. "L’uomo medio muore dalla voglia del Nirvana. Avete mai osservato un neofita al gioco dei dadi come fa prudentemente le sue mosse, osservandole due per volta, per non subire uno scacco? E come si agita per arrivare in fondo al gioco! Al contrario, l’esperto non usa queste precauzioni. Muove i pezzi con calma, molto padrone del finale; e il gioco continua così. I dadi divengono tanto sensibili nelle sue mani che ne può lanciare quanti ne vuole, secondo il suo desiderio. Sì, "l’esperto" resta nel mondo e prende piacere ai divertimenti che vi trova. Rimasi talmente sbalordito da quanto veniva esposto, che esternai tutti i miei dubbi; egli mi rassicurò che, grazie all’intervento della Madre, ciò era possibile. "Lei fa in modo, graziosamente, che ci si eserciti anche ai dadi – disse metaforicamente.
N.: "Una volta ci diceste che la gioia di una giornata in compagnia di una Incarnazione era sufficiente compenso delle sofferenze di un’intera vita."
Swami: " Sì, è vero. Un’ora di canto nella congregazione, in compagnia del Maestro, ci colmava di una tale gioia esuberante da farci sentire trasportati, come se ci trovassimo in una regione eterica. Tuttavia, oggi, anche la meditazione non riesce più a suscitare tanta beatitudine celeste; o, almeno, una sua apparenza. Questa felicità restava in noi, senza cessare, per un’intera settimana. Avevamo l’abitudine di sentirci ebbri, senza saperne il perché, né il come. Chi lo crederebbe? E’ difficile convincerne la gente. Tuttavia, debbo parlare francamente. L’uomo ordinario cerca il Nirvana perché ha sofferto. Ma non conosce l’immensa gioia che si esprime nella Comunione Divina.
14 Gennaio 192
"Un giorno giunsi al tempio di Dakshiveswar, nel momento in cui il Maestro faceva colazione. Davanti a lui stavano un numero di coppe, che contenevano diverse qualità di nutrimento. Qualcuno avrebbe potuto trarre la considerazione che questo fosse un lusso, riferito soltanto ad una vita Rajasica. Il Maestro esclamò immediatamente:" Ebbene, la tendenza del mio spirito va sempre verso l'Infinito. E' attraverso questi meccanismi Rajasici che lo trattengo ad un livello più basso; altrimenti, non avrei potuto parlare con voi. "Com'è strano!" - mi sono detto, sentendolo - "Gli altri cercano di raggiungere Sattva, dominando Rajas attraverso la disciplina rigorosa sul cibo, mentre lui deve controllare la sua mente con forza per impedirle di innalzarsi al piano di Sattva!"
Per sua infinita grazia, mi ha concesso, una volta, la consapevolezza che ogni azione ed ogni movimento che lui esprimeva - anche del passo dei suoi piedi - erano destinati al bene degli altri.
" La gente non possiede che un concetto superficiale circa il senso dell'azione disinteressata; e non ne ha un netto dominio. Difatti, se sono arrivati a quella conclusione, perchè mai continuano a resistere nel praticarla? Solo coloro che si trovano nell'errore dicono, senza esitare, di averla compresa. L'abbandono completo alla verità è condizione indispensabile all'azione disinteressata.
"Sono i desideri che ostacolano la realizzazione spirituale. Noi potremmo abbandonarci soltanto a Lui! Ma, no! - contiamo su di Lui soltanto in parte, e, per il resto, sul nostro sforzo personale, per timore che Egli non risolva l'intero problema.
(A.R.):" Diteci qualcosa, su Dio"
R.:" Possiamo solamente recitare la Bhagavata del Kali Yuga! (intendeva i giornali)
SWAMI:" Perchè la pensate in questo modo? Come può esistere un Kali Yuga per un devoto?"
(Agli altri): " A volte, R. dice delle cose molto gradevoli. L'altro giorno mi ha descritto uno dei suoi sogni. Sembrava quasi reale e mi ha profondamente impressionato."
R., che venne persuaso a raccontarlo, prese a parlare:" Ho sognato che Sri Ramakrishna era molto malato, e che la dissoluzione del suo corpo si avvicinava. I discepoli si trovavano molto abbattuti, e la Santa Madre piangeva in una stanza interna. Ho intuito, quel giorno - quando feci il sogno - che un'Incarnazione Divina e l'uomo differiscono solo nel grado di potere. E, visto che mi trovavo davanti a Sri Ramakrishna, mi sono chiesto, interiormente, se mai l'amore dei suoi discepoli avesse potuto spingerlo a conservare più a lungo il suo corpo fisico. Non appena questo pensiero ebbe attraversato il mio spirito, egli esclamò:"Guarda, esiste un grande differenza tra Dio e gli uomini. Sai come sono fatti gli uomini? Sono come chi entra nelle acque dell'oceano, intenzionato a percorrere una corta distanza; questi, al massimo, raggiunge, con grandi difficoltà, gli scogli a pelo d'acqua, e subito se ne ritorna indietro." E, mentre diceva queste cose, io ho realmente veduto un oceano infinito dispiegarsi davanti a me, con degli uomini che avanzavano nell'acqua; e la maggior parte di essi si trovava vicino alla spiaggia, mentre solo uno o due di loro avevano raggiunto i lontani scogli affioranti. Sri Ramakrishna proseguì:" Ma Iddio lo può attraversare e ritornarsene in un attimo." Ed allora, immediatamente, io l'ho visto attraversare il mare e rivenire. A questo punto, egli mi aggiunse:" Lo spirito di una Incarnazione Divina si dirige sempre verso l'Infinito. Una minuscola particella della sua Mente si occupa dell'universo, di cui i devoti formano una parte veramente piccina. Come possono mai essi costringere in alcun modo la mia mente?"
La Santa Madre, a sua volta, aveva l'abitudine di affermare la medesima cosa. Un giorno, disse:" La mia mente vuole sempre elevarsi verso l'infinito. Utilizzando diversi meccanismi, la devo trattenere con forza su di un piano inferiore. Parlano dei miei attaccamenti. Non sanno che potrei spezzare ogni legame in un solo istante!"
SWAMI: " Ho ascoltato una bella storia, che le si riferisce, e che lei stessa ha raccontato. Dopo la scomparsa di Sri Ramakrisna, una volta stava piangendo; quando egli le apparve davanti, e disse:" Perchè piangete? Pensate che io sia partito? Eccomi! Si può solamente affermare che io sia passato da una stanza ad un'altra: è tutto. Voi non potete vedermi fisicamente, ma sapete - in mille modi - che io esisto."
15 gennaio 1921
Lo Swami discuteva, scherzando, con D., per dimostrare la superiorità di Bhakti su Jnana. Citava dallo 'Chaitanaya-Charitamrita:" Lo Jnani, che ignora la felicità dell'amore Divino, gusta, come il corvo, i frutti 'margosa' di Jnana. Ma, il devoto, che conosce il mistero dell'Amore Divino, come il cuculo, assapora i fiori di mango dell'Amore." Il frutto della 'margosa' ha un sapore amaro, e, poichè rappresenta un prodotto maturo dell'albero, non si avvale più di un periodo di sviluppo ulteriore, e, quindi, appassisce presto. Ma, il fiore di mango possiede un avvenire eclatante, davanti a sè. Crescerà e produrrà un frutto succolento; il suo destino implica progressione.
Jnanas viluppato interamente diviene bhakty. La pratica della conoscenza conduce la mente sempre più in alto, al di là dei limiti del dualismo. Tuttavia, la vera Bhakti è fine a sè medesima. Ovunque si trovi, il devoto è costantemente colmo del nettare dell'amore e della felicità Divina.
"La conoscenza è necessaria per controllare i sensi, durante le prime tappe della vita spirituale. Più tardi, appare il continuo piacere dell'amore beatificante di Dio.
" E come appaiono belle le seguenti parole di Tommaso di Kempis:" Parla, oh Signore, poichè il tuo servo ascolta. Fate silenzio, voi tutti insegnanti! E silenzio, voi profeti! Parla Tu solo alla mia anima, oh Signore!"
"Vieni, oh mente, evadiamo dalla lussuria e dalle altre passioni, e viviamo attraverso noi stessi." Ma, com'è difficile evadere da esse! A causa loro gli uomini sono divenuti dei bruti!
"Sri Ramakrishna chiese una volta ad un Pandit di discorrere su qualche soggetto, tratto dalle Scritture. Il Pandit continuò per più di un'ora ad esporre la dottrina di Triputibheda (la dissoluzione della differenza tra conoscenza, conoscitore, e la cosa conosciuta). Alla fine, Sri Ramakrishna rimarcò:" Avete veramente ben parlato. Però, tutto quanto io so è che ho mia Madre, e sono Suo figlio."
21 Gennaio 1921
La conversazione scivola sulle antiche civiltà.
T. osserva che le civiltà Indiane, Cinesi, Egiziane e Persiane furono le più antiche.
Swami: " Esse affermano che l'evoluzione dell'attuale umanità nasce da quella dell'ameba. Io direi agli americani, che, qualunque idea si abbia dell'evoluzione, teniamo per certo, tuttavia, che l'uomo civilizzato è sempre esistito. Li sfiderei a indicare una sola civiltà che non nasca dal contatto con un'altra."
T.:" Tuttavia, Maharaj, l'Ottentotto resta sempre l'Ottentotto."
R.: " Eppure, può succedere che un grand'uomo appaia, all'improvviso, in seno ad un popolo poco civilizzato, e gli doni la luce."
Swami:" A dire il vero, i grandi uomini non sono mai nati così. Le razze selvagge si sono, mano a mano, civilizzate, tramite il contatto con altre che lo erano di già.
"Il più alto ideale della civiltà sta nella realizzazione del Sè, come esistente in tutti gli esseri. ' Colui che giudica il piacere e la pena, ovunque, a seconda del modello che applica a se stesso, questo Yoghi, Oh Arjuna, è considerato il più elevato.' Codesta realizzazione, tuttavia, arriva soltanto dopo il Nivirkalpa Samadhi.
B.:" Ma, quando un uomo ha realizzato il Dio personale nel Savikalpa Samadhi, egli riconosce che dimora in ogni cosa. Non è, forse, questa, la realizzazione dell'Unità Universale?"
Swami:" Esistono delle tappe nella realizzazione. Swami asseriva che l'India non ha mai risentito della mancanza di Jivanmukta (il liberato-vivente). Diceva che, egli medesimo, ne aveva conosciuti almeno quindici, o sedici; e, comunque, anche nei giorni più scuri dell'India, nacquero dei giganti spirituali.
R.:" In verità, una terra abitata da trecento milioni di abitanti - e, per di più, nel passato - e che aspira con tenacia alla realizzazione spirituale, non può conoscere l'assenza di tali profeti. L'India è, per così dire, il santuario del mondo, e la contemplazione di Dio, la sua principale occupazione.
Swami:" L'opinione di Swami era che tutto cuore e niente cervello fosse cosa preferibile a tutto cercello e niente cuore. Era abituato ad affermare che il cuore compie ogni cosa.
T.:" Non credo in questa teoria."
Swami:" Non si può costruire un'esistenza senza il vivo contatto con una vita ideale. La Bhagavad insiste sempre sulla compagnia del buono e del devoto. Shankara ha senza dubbio perorato sull'aspetto di Jnana (conoscenza). Ma, il Vedanta sostiene egualmente la necessità di una maestro spirituale. La vita può venire rischiarata solo da un'altra vita.
T.: Fortunatamente, noi abbiamo le vite di Sri Ramakrishna e di Swamiji, e voi stesso davanti a noi. Cosicchè possiamo conoscere il vero ideale ed il significato reale delle Scritture.
Swami:" Veramente, le vite dei profeti sono la prova e la dimostrazione delle Scritture.
24 gennaio 1921
Era caduta l'unghia del pollice dello Swami. Riferendosi al fatto, egli disse:" Così è il corpo lasciato dietro, mentre l'anima s'invola. Benchè, di sicuro, non ci si accorga di essa, il mentale, l'ego sente il suo distacco. I grandi elementi: egoismo, intelletto ed anche il non manifesto - questi, costituiscono lo Kshetra (il campo) e le sue modificazioni. Solo lo Kshetrajna (anima) è reale, e ciò fa sì che lo Kshetra - il corpo mentale, ecc. - appaiano anch'essi veri. Nella sua ultima nascita l'uomo diviene consapevole della Verità, conosce Dio e non soccombe alle illusioni egoiste
" L'attaccamento e l'avversione sono alla radice di ogni male. Da qui, l'ordine di abbandonarli. Poichè, liberi di essi, si può, con impunità, agire come ci piace.
" Si raggiunge la conoscenza grazie ai grandi saggi. ' Attraverso la grazia dei grandi, o quella del Signore', dice la Scrittura. Allora, si prova un desiderio ardente di emancipazione dal mondo, e la Volontà Cosmica sistema le circostanze favorevoli a che ciò accada.
" L'individuo è limitato. Come una vacca attaccata alla fune, egli è libero solo fino ad un certo punto, e non completamente. Ma, si emancipa se utilizza questa libertà in modo corretto. Non lo fa, però, e ne abusa, piuttosto, in modi diversi. Ogni uomo possiede un proprio mondo ed osserva la medesima sostanza in maniera diversa. Realizzando il Sè in ogni cosa, si raggiunge la Pace Eterna.
26 gennaio 1921
Swami (riferendosi a D., che è presente)
" Discendono ogni giorno nel tamas, divenendo sempre più pigri, in nome del progresso spirituale. Pensano che la stessa inazione costituisca l'ideale. Se così fosse, ebbene un semplicemuro potrebbe essere visto come un'esistenza che ha raggiunto il samadhi. Non potrebbe - questo muro- trascendere ogni dualismo? Mantenere l'equilibrio della propria mente; in ogni circostanza, restare del tutto impassibili: ecco, la vera meta.
'Il culto di Narayana' - che cosa squisita! Questa è la caratteristica dell'epoca presente. La meditazione ed il lavoro sono eccellenti cose ambedue, se ben realizzati. Essi si equivalgono, nella bontà del metodo.
Una volta prevalse l'idea che Swamiji predicasse in modo diverso da Sri Ramakrishna. Ma, quest'idea, oggi, è considerevolmente screditata. La pratica della medicina è cattiva se voi cercate di esserne remunerati. Agite disinteressatamente; ciò porta alla salvezza. Si dice che il lavoro lega in modo stretto. Bene, se lega, libera anche. Quale sorta di meditazione è quella che comporta una mezz'oretta, la mattina, ed un'altra, la sera? Non dovrebbe essere, invece, un flusso interrotto che prosegue per l'intera giornata? Voi chiudete gli occhi per qualche minuto e passate, invece, il resto della giornata a ciarlare! Si deve, invece, provare a lungo, e con tutte le forze; è allora che si può raggiungere la realizzazione.
"Voi raccogliete quanto seminate. Se desiderate qualcosa, cominciate a cercarla immediatamente. Potreste essere incapaci di agire nel modo migliore; ma, fate, comunque, del vostro meglio. Ora, o mai più!"
2 febbraio 1921
N. leggeva ad alta voce la prima metà del Mundaka Upanishad. Alla fine lo Swami osservò: < Solo l'Uno esiste, e null'altro. Noi Lo vediamo come uomo, animale, uccello, insetto, pianta, ecc.. Ma, se ci mettiamo a pensare in modo corretto, scopriremo che non vi è poi una tale differenziazione in Lui. Ci immaginiamo come degli ego, e con quanta forza ci spossiamo a dargli soddisfazione! Ognuno possiede un proprio mondo che lo accompagna al di là della morte. C'è il piacere e il desiderio per sè stessi che gli ostruiscono la vera conoscenza. Non siamo noi la conoscenza medesima? Ma - ahimè! - è così difficile rinunciare alle gioie del mondo!
N.:" Ma questo abbraccio alla tristezza non e', poi, egualmente, una sorta di follia?"
Swami:" Sì, certo. Ma, in qualità di disciplina spirituale, ha un grande valore; purifica la mente.
"Dire semplicemente: 'Sono Brahman', è inutile, sino a quando resterà in voi la minima traccia di ignoranza. Voi dovete adorare Dio. La Madre, quando sarà soddisfatta dal culto, accorderà il piacere e l'indipendenza. 'Prendi rifugio, oh, re!, in Ella, la Grande Dea. Quando sarà placata, accorderà ambedue le cose: la prosperità nella vita del mondo e l'emancipazione spirituale.'
"Che ti serve d'altro, se Brahma, Vishnou, o Shiva ti insegnano? A meno che tu non dimentichi ogni cosa, sarai ancorato nella realizzazione del Sè.
"Essendo l'intero universo solo un effetto di Brahman, in realtà esso rimane solo Brahman. Ciò (Brahman) è la sua essenza, e non esiste altro che Ciò. Colui che afferma <<è>>, permane ancora nell'illusione; balbetta come un mezzo addormentato.
4 febbraio 1921
Lo Swami parlava con entusiasmo del servizio e del lavoro.
Swami:" Il lavoro, compiuto nello spirito di servizio, ha il potere di condurci sicuramente alla meta, quanto la meditazione e lo Japa.
" La Gita, letta tra le righe, pone l'accento sul lavoro. Esiste un senso più profondo dietro il suo detto, che lo Jnani non ha lavori da compiere. Ciò vuole significare che egli non possiede un sentimento egoista, come quello del lavoratore comune, legato a quanto fa.
"Tutte queste vecchie idee, che lo Sannyasin debba rinunciare a ogni impiego, eccetto la mendicità, non riescono più a soddisfarci, dopo essere stati illuminati dalla vita e dagli insegnamenti del Maestro e dello Swamiji. Essi hanno lasciato cadere un nuovo raggio su queste cose; hanno donato una nuova espressione all'antica luce.
Essendo venuto a sapere che un certo lavoro non poteva essere portato a termine per la mancanza di gente competente, lo Swami disse:" Non fa nulla. Agite per il meglio. Lavorate voi stessi sino a morire, se è il caso. Ne nasceranno solo dei buoni risultati.
"Sono contraro a che la nostra opera venga eseguita da uomini pagati. Meglio che la terminiate voi...Continuate a lavorare, pronti a sacrificare la vita, per l'opera del Maestro. Sono sicuro che Egli fornirà, nei tempi opportuni, tutto l'aiuto necessario. Non vi preoccupate.
"Non amo affatto l'idea di separare il lavoro dal culto. Il lavoro è culto. Ogni lavoro è Suo servizio. Ho notato che delle persone che praticano delle austerità in solitudine, divengono spesso degli egoisti. Ma, il lavoratore deve unirsi e vivere con un certo numero di individui, per amore della sua attività e deve coltivare la pazienza, la simpatia, l'amore e il disinteresse. In più, l'Upasana (culto) è anch'esso lavoro, ed i suoi frutti devono ugualmente venire dedicati al Signore.
11 febbraio 1921
Swami:" J. èvenuto a visitarmi, qualche tempo fa. E' un devote credente di Purushakara, libera volontà e libera azione. Ho posto davanti a lui l'altro aspetto: quello del destino. Ho detto:' Abbiamo visto questi due aspetti, e, di conseguenza, consideriamo la volontà Divina come il fattore più forte. Forse, voi non avete mai incontrato una sconfitta nella vita. Ecco, perchè siete così energico nei confronti della libera volontà'. Ma, egli ha continuato a sostenere la sua tesi, apertamente ed ingenuamente. E' venuto a felicitarci per le nostre opere di servizio. Quando ho risposto che erano possibili solo con l'aiuto di Dio, egli ha replicato:' No, non per la volontà di Dio, ma solo per i vostri sforzi'. Ha sottolineato che i monaci hanno portato la rovina nel paese, predicando Vairagya! Ma, è un eccellente uomo ed io lo amo molto.
12 febbraio 1921
Swami (riferendosi a Y.):" Vuole mettere qualche soldo da parte, prima di ritirarsi dal mondo. L'idea di mendicare il proprio cibo lo spaventa. Ma, allora, la sua rinuncia non sarà vera.' Errare di qui e di là, vivendo di elemosine.' Mendicare è cosa sacra; questo insegna la fede in Dio. E si arriva a sentire che ogni luogo è il Suo e che si ha solo quello che Egli dà ,e quando Lui lo vuole. Non ci si può sbarazzare in altro modo dalla paura e dalla fiducia verso gli uomini.
"Certuni sono spaventati dall'idea di dividere i propri beni con gli altri. C'era un monaco che viveva in una foresta. Un re, che cercava Dio, venne a lui, dopo aver rinunciato al suo reame. Il monaco si preoccupò, per questo eventuale compagno, associato al suo pane quotidiano. Allora, disse al re:' Dovete abbandonare ogni altra compagnia. Andate più nel profondo della foresta, dove avrete una perfetta solitudine.' Dopo un pò, venne lì un uomo, che portava del cibo per due persone; e ne prelevò la porzione abituale per il monaco. Costui si accorse che quello aveva riservato un piatto d'oro, pieno di pietanze delicate, e gli chiese per chi fosse. 'E' per colui che fu un re -replicò l'altro. Il monaco andò incollera: ' Ma cosa! Semplicemente del pane per me, che sono un monaco anziano, e tutte queste prelibatezze delicate per un novizio?' L'uomo rispose:' Io non ne so nulla. Ma, colui che mi ha mandato ha detto che se non vi avesse soddisfatto il solo pane avreste potuto prendere la falce.' Il monaco, prima di fare voto di rinuncia, aveva l'abitudine di falciare l'erba. Il significato dell'episodio era che se lui ed il re non erano soddisfatti della loro vita presente, dovevano ritornare alle loro antiche occupazioni; il monaco a falciare l'erba ed il re al suo regno. Perchè, quindi, non servire il re con cura?
Questa è una bella storia, profondamente significativa.
"Ci si trovava nei primi giorni del Shanti Ashrama (negli Stati Uniti). La stazione più vicina all'Ashram era distante ottanta chilometri, e il luogo abitato più prossimo era un ufficio postale, a otto chilometri. Si doveva trasportare l'acqua in fusti, da una località, a cinque chilometri. Quando notai queste condizioni, mi vidi estremamente scoraggiato. Pensai:' Come potrebbero vivere circa quindici persone in un simile luogo? Durante la mattinata, ansiosi pensieri riempivano il mio spirito. Nella notte, ebbi una sorta di visione, in cui osservai una madre-uccello, che nutriva la sua giovane creatura - come descrive lo Chandi; e mi fu dato comprendere che la Madre aveva predisposto ogni cosa. Il giorno seguente arrivò un amico, che era radiestesista.
"Nel frattempo, avevo ricevuto, a causa della mia ansia, un buon rimprovero da una signora-membro, la quale aveva detto che avevo meno comprensione di 'Bebé', in riferimento al fatto che non sentivo fede verso la Madre. 'Bebé' era il soprannome dato da Swami Vivekananda ad una signorina molto pia. Il rimprovero mi sembrava fosse stato fatto dalla stessa Madre. Dunque, successe che il radiestesista ritornò, dopo un giro di due ore sulle terre dell'Ashram, e riferì che, lì, vi erano almeno tre sorgenti di acqua. Fu scelta la sorgente più vicina; egli scavò un poco e scoprì un bel gettito di acqua. Fu in tal maniera che ogni cosa si sistemò allo Shanti Ashrama.
"E' Lui che fa tutto. L'Uno soltanto esiste, e null'altro. E' estremamente difficile vedere ' l'Atman in ogni cosa ed ogni cosa nell'Atman', e ' Dio presente in ogni essere'. Parliamo facilmente di questo soggetto e lo predichiamo agli altri. Ma, quale ostica cosa praticarlo! Tutto sta nel nostro interno. Gioia e dolore non hanno un'esistenza oggettiva. Noi proiettiamo la gioia dalla nostra soggettività e l'associamo a certe cose.
" Lo Jnani parla e pensa all''Io' come identico all'Atman. Noi lo identifichiamo al corpo. Percepire il Divino nella nostra coscienza non è altro che fondere l'ego con l'Atman. ' Come l'acqua pura, versata nell'acqua pura, divengono la stessa cosa, così è per il Sè del saggio, oh Gotamo, che conosce l'unità di Atman.'
"Lo Jnani che ha realizzato l'Unità, si comporta nel mondo alla stessa maniera in cui ci comportiamo noi quando, incidentalmente, ci mordiamo la lingua; non andiamo in collera con i nostri denti. Per l'intero tempo in cui noi ignoriamo la reale natura dell'immagine, ne siamo dominati. Ma, una volta conosciuta la sua essenza, non ne siamo più incantati, benchè la si continui ancora a vedere. Così, l'Jnani che scopre la natura del mondo non ne resta più ingannato.
" La differenza tra lo Savikalpa ed il Nirvikalpa Samadhi è solo nel grado di beatitudine, non nella natura dell'esperienza. Poichè, nei due, l'anima si ricongiunge a Dio. Il Nirivikalpa samadhi è colmo della gioia infinita della conoscenza del Sè. Non è un vuoto sterile.
" Quando si è raggiunta la liberazione, si realizza il puro amore, senza alcuna motivazione segreta. E'un amore, privo di ogni pensiero di potere e di gloria verso il Beneamato. E' un amore simile a quello che le Gopis consacrano al bimbo Krishna.
"Gli Adhikarika Purushas, i profeti e Incarnazioni, che sono nati per ispirare il mondo, non devono subire la schiavitù del Karma. La loro incarnazione non è dovuta alle loro azioni passate, ma alla volontà di Dio, affinchè essi possano servire l'umanità. Indra e altri dei sono 'maestri dei domini del piacere' e vedranno la loro caduta. Ma, gli Jivanmuktas, i 'liberati-viventi', sono onnipotenti. E' pur vero che i Brahman-Sutras indicano che essi non possono creare, o distruggere il mondo - visto che queste funzioni appartengono a Dio. Tuttavia, non è che manchi ad essi il potere di creare, ecc.. Semplicemente, non vogliono creare. Il possesso di tutti questi poteri è un 'sine qua non' della realizzazione di Mukti.
" Sri Ramakrishna diceva che Shiva aveva raccolto un piccolo sorso dell'Oceano di Brahman; Shuka l'aveva toccato; e Narada l'aveva visto solo a distanza.
<<Qualcuno ha scritto la sua disapprovazione per il gioire continuo che ha caratterizzato il soggiorno, qui, di Maharaj (Swami Brahmananda). Ma, come poteva essere altrimenti? La Bhagavad dice:' Coloro che realizzano l'eterna presenza del Signore nel loro cuore, sono dotati di bene e di bellezza perpetui, e la loro vita è impregnata di una gioia festosa senza fine.'
" Ramanuja si recò dove viveva Suradasa, e lo vide lamentarsi ogni giorno, presso il Signore, delle proprie pene e sofferenze. Allora, gli disse:' Perchè, oh Suradasa, lamentarsi così, verso Dio, dei tuoi dispiaceri? Canta la Sua gloria'. Fu così che Suradasa compose i suoi centomila versi, in lode al Signore. Suradasa, che era cieco, in seguito ritrovò la propria vista.
"E' Dio che ha fatto ogni cosa. A giusto titolo, Tulisidasa dice che profitto e perdita, vita e morte, fama e calunnie sono tutti Suoi doni. Sì, Egli è l'unico attore. Ma, il piano per il mondo non riguarda unicamente Mukti; riguarda anche Bhoga, il piacere. Così, gli individui perseverano attraverso gioie e pene, sino a che si risvegliano e si emancipano. Dio è la forza motrice dietro ogni vizio ed ogni virtù. Sullo sfondo di tutto ciò, esiste la Sua volontà benefica. Ogni azione tende ad un bene finale.
" Il mondo è pieno di una varietà di cose sconcertanti ed estremamente complesse. Ogni fenomeno è l'effetto di Triguna. Ma, esiste uno stato più alto di essi, che è realizzato dai Paramahansa. Colui che vede, in mezzo a queste varietà, la soggiacente unità, possiede la pace eterna. Poichè, a quel punto, non v'è nè perdita, nè profitto; nè bene, nè male. Leggevamo, in questi giorni, le preghiere egoiste nel Rudradhyaya:' Non distruggere le mie vacche. Volgi sempre il tuo viso benevolo verso di me. Vieni, deponendo il tuo arco e le tue frecce. Umilia e castiga i miei nemici'. Bene, tali preghiere provengono dall'egoismo. Ma, quando ci si è sbarazzati dalla coscienza del corpo, non si provano questi desideri. La concezione più alta diviene, allora, quella di pensare che ogni cosa è Lui. In mancanza di questa realizzazione, la cosa migliore è considerare che Egli resta l'agente reale dietro ogni azione, ed è causa di tutte le nostre.
Tratto da Vedanta 133&134.