Introduzione
La pratica e' il cuore dello yoga. In senso generale ed in primo luogo, lo yoghi e' uno sperimentatore, un filosofo, un teologo ed anche uno psicologo. La sua stretta esperienza può venire identificata a quella dello scienziato nel suo laboratorio. Egli analizza per conquistare la Realtà. Non può rimanere soddisfatto di teorie, di speculazioni o di situazioni di seconda mano. Egli stima che il sovrano criterio di realizzazione del Reale non possa essere che la sua diretta esperienza personale. Un'esperienza aperta ad ognuno. E quanto viene richiesto sara' una rigorosa devozione alla pratica applicazione dello yoga.
Colui che si sforza di penetrare a fondo nello yoga analizza necessariamente le basi interiori ed esteriori sulle quale si svolge il proprio sviluppo. Le recenti ricerche sulla storia dello yoga, la sua sintonia con le scienze, con l'antropologia, ecc.., mostrano che esso e' comprensibile e che ci unisce con certezza alla Realta'.. Risulta chiaro di conseguenza che lo yoga non ha nulla da spartire con l'idea di magici poteri primitivi.
L'essenza dello yoga e' sicuramente l'innata aspirazione dell'uomo ad attraversare l'oceano del mondo fenomenico. Egli si trova costantemente in conflitto con se stesso. Ed e' a causa di questa lotta interiore tra la propria ragione e tra le sue passioni che egli si pone in conflitto con il mondo, con gli altri, ecc..
Il problema fondamentale degli esseri umano può meglio venire compreso leggendo la storia del piccolo principe, mentre si trovava sulla cinta fortificata del suo palazzo, dopo aver percorso una giornata di penoso cammino attraverso il cuore del deserto.
Guardando il sole che scompariva egli venne costretto a riflettere: " Ci sono due deserti" - pensava. " Il primo rappresenta uno splendore per lo sguardo; l'altro, diviene abominevole quando lo si vuole attraversare." E nel proprio cuore, con intensita', carezzava l'idea di un giorno in cui avrebbe potuto catturare la promessa d'un meraviglioso orizzonte!
" La promessa di un orizzonte" - ecco il problema di ogni essere umano. Noi viviamo quotidianamente con la "Realta' ", ma siamo incapaci di spingere lo sguardo al di la' di un certo confine, come il cavallo che ha i suoi paraocchi.
Lo yoga rappresenta una reazione spontanea ai nostri bisogni spirituali inconsci. Riesce a stimolare nel subconscio le sue necessita' interiori ed a condurre alla realizzazione ed al compimento. Vien detto che riesce a creare un bisogno spirituale dinamico che diviene una spinta motivazionale ad ogni attivita' umana in vista del contatto con la Realta' ultima.
Ricordiamoci di Sant'Agostino quando diceva: " Ci hai creato per te ed il nostro cuore restera' senza pace sino a quando non si riposera' in Te."
Secondo Vyasa - il grande interprete e commentatore dello yoga - il termine yoga si identifica con "samadhi".
Benche' in senso stretto possa venire definito come una filosofia, una psicologia, una religione esso resta al di sopra di tutto questo. Rappresenta un'azione attraverso la quale il rapporto empirico del soggetto con l'oggetto viene trasceso, e nella quale la coscienza pura - ossia, il potere che adombra la mente (chit-shakti), l'essenza trascendente – si esprime in se' medesima.
Il sistema yoga di Patanjali rappresenta l'aspetto pratico della filosofia Samkhya. E' pure la filosofia della psicologia e della sperimentazione. Esige, come ogni scienza, un pratico metodo di analisi ed una sintesi dell'universo fisico e metafisico. In un modo o nell'altro, lo yoga e' presente in tutti i sistemi filosofici dell'India.
Ogni forma di conoscenza deriva da tre procedimenti:
1. Un'accurata sperimentazione.
2. Un'osservazione precisa e critica.
3. La nascita di una teoria conseguente ai processi di induzione e di deduzione.
I primi due processi sono analitici; il terzo appartiene alla categoria della sintesi. E' cosi' che lo yoga pone l'accento sull'analisi e sulla sintesi dello sperimentare. Include ogni filosofia, con tutte le sue facoltà ed i suoi metodi. E' adatto alla persone normali, quelle per le quali risulta chiaro che: " Il Se' non può venire raggiunto dai deboli" e " Lo yoga esige moderazione in ogni cosa"; e così di seguito...
Il sistema dell'Hata Yoga fa dell'equilibrio fisico e psico-mentale una base obbligatoria. L'unione della coscienza individuale con Purusha, la Coscienza Pura , può realizzarsi a seguito di due sistemi: il sistema che si identifica allo Samkhia dualista viene chiamato Yoga dello Samkhya. Secondo la concezione dualista di questa filosofia esistono venticinque elementi metafisici. Arrivare a conoscere questi elementi porta alla liberazione; ossia, alla soppressione dell'identita' con la coscienza individuale, con la materia e con il mondo materiale.
Il Samkhya non dualista e' identico al Vedanta. Il sistema che ne deriva viene chiamato lo Yoga-Vedanta. L'analisi psicologica inizia attraverso delle esperienze dualistiche e culmina nella conoscenza non dualistica. Lo yoga e' comune sia al Samkhya che al Vedanta.
Patanjali rappresenta la piu' eminente personalita' e la maggiore autorità sullo yoga. Conosciamo tre sue grandi opere.
Un brillante commentario sul trattato di grammatica sanscrita di Panini
Chakra - uno studio sulla medicina
I Sutra Yoga, o Aforismi sullo Yoga.
Tutte le tre opere posseggono una relazione tra di esse. Lo studio della grammatica aiuta a purificare la parola, quella della medicina insegna a purificare il corpo, e gli Aforismi sullo yoga l'anima. E noi sappiamo che un corpo sano, un mentale sano, una parola sana creano una personalita' individuale ben formata e perfettamente integrata.
La ricerca psicologica ha dimostrato che un parlare difettoso non e' casuale. Nasce da radici profonde che attengono allo sviluppo mentale dell'individuo. Farfugliare o balbettare, ad esempio, sono vizi che emergono in seguito ad un vivo coinvolgimento emotivo.
Il mondo della medicina ammette che la maggior parte delle malattie sono di natura psicosomatica. Nel sistema della medicina ayurvedica il corpo, la mente e l'anima vengono considerati una sola unità. Ne consegue che, seguendo rigorosamente la tradizione, Patanjali ha coordinato sistematicamente ogni disciplina yoga.
Patanjali ha raccolto quasi duecento Aforismi sullo yoga. Essi sono suddivisi in quattro parti. Il primo capitolo tratta della natura e della finalità del samadhi. Il secondo, del mezzo di raggiungere il samadhi attraverso il Kriya Yoga. Il terzo, descrive i poteri sovrannaturali che si possono acquistare attraverso la pratica dello yoga e del samadhi. Infine, nella quarta parte studiamo l'analisi psicologica e la natura della liberazione spirituale.
Il problema dell'uomo non risiede in una sua presunta incapacita' di raggiungere lo scopo. L'anima umana possiede una disposizione innata a riunirsi all'Anima Suprema. In effetti, la sua complessa situazione e' provocata dalla mente. Si può difatti leggere nel Purana Vishnu: " Il mentale, in verità, e' la causa prima dell'asservimento e della liberazione dell'uomo. Essere attaccati alle cose conduce - si dice – alla schiavitu'; esserne distolti alla libertà."
E' attraverso la mente illuminata dal trascendente che si realizza la trasformazione della natura umana. Questo concetto forma il tema centrale dello yoga. Parliamo quindi di questo tema centrale. E, per iniziare, cerchiamo di conoscere un po' la natura della mente.
La mente e' un corpo sottile celato dall'organismo grossolano; proprio come se il corpo fisico fosse la crosta esterna di quello mentale. E poiche' la mente ed il corpo sono legati in modo intimo, essi si influenzano reciprocamente. Per tale ragione una malattia fisica si riflette spesso sul mentale ed una turba, una tensione di quest'ultimo sulla mente.
Dietro la mente risiede lo Spirito, l'Essenza reale dell'uomo. Il corpo e la mente sono materiali. Solo Purusha, lo Spirito, e' pura coscienza. Il mentale, di conseguenza, e' ben distinto dallo Spirito.
Tra la materia e la mente la differenza si esprime solo a livello di vibrazioni. Il mentale, al suo scalino inferiore di vibrazioni, e' chiamato materia. La materia, nella sua gamma superiore di vibrazioni, e' detta mentale. La materia e la mente sono ambedue governati dalle stesse leggi del tempo, dello spazio e della causalita'. Dunque, essenzialmente, l'uomo non e' il mentale; egli e' l'Anima reale, lo Spirito.
Lo Spirito permane immutevole, immobile, eternamente perfetto. E' Pura Coscienza. Di conseguenza, resta del tutto indifferente alle cose di questo mondo, alle perdite ed ai profitti, alle gioie ed alle pene, alle commedie ed alle tragedie. Solo quando dimentica la propria natura lo Spirito viene coinvolto nella partecipazione alla gioia della vita. Ma, appena si ritrova allo stato originale della realizzazione del se', risplende della sua intrinseca gloria, del tutto indifferente alla danza cosmica di Prakriti, la Natura.
Sebbene la mente non sia un agente libero i suoi poteri sono semplicemente meravigliosi. E' grazie ad essi che, ad esempio, l'uomo diviene capace di frammentare l'atomo invisibile e di liberarne la potenza per dei fini buoni o malvagi. E' sempre grazie ad essi che molti santi e molti uomini saggi hanno realizzato ed ancora realizzano la natura reale della propria Anima e divengono degli illuminati.. Ogni opera che oggi l'uomo ha compiuto e' dovuta solo ai suoi poteri mentali! Non vediamo che la mente e' onnipresente? Ogni mentale singolo e' un frammento di quello universale. Ogni individuo e' unito agli altri e, ovunque egli si trovi, può vedersi, come in Internet, in comunione con il mondo intero!
L'Upanishad Katha ci dice: " Lui radia ed ogni cosa radia. Attraverso la sua luce ognuno si manifesta in diversi modi."
La sorgente di ogni luce e' lo Spirito Supremo, la pura Coscienza. Quel che chiamiamo anima individuale - l'anima consapevole dell'essere vivente - e' identica allo Spirito Supremo, la pura coscienza. E' lo scintillio di questa pura coscienza che manifesta tutto, attraverso i tempi.
Il mentale, composto di materia sottile, e' trasparente e molto prossimo all'Anima Universale. Di conseguenza, e' lo strumento interiore dell'Anima Universale, che conosce. Non e' la sorgente della luce. La coscienza non e' inerente al mentale. Riceve la sua radiazione dall'Anima che conosce, di cui e' lo strumento interiore, e che illumina tutto, compresa la stessa luce fisica.
Malgrado non possegga una luce propria, la mente sembra essere luminosa. Benche' sembri conoscere, il mentale non e'colui che sa, ma soltanto lo strumento della conoscenza. E' grazie e solamente alla coscienza che esso ne rappresenta lo strumento.
Assumiamo la nostra esperienza come esempio. Sappiamo che la nostra mente rimane distinta dai nostri organi e dal nostro corpo. Possiamo pensare, essere sensibili, volere, immaginare, ricordarci, gioire, rimpiangere..e tutto ciò senza utilizzare i nostri dieci organi. Il fatto non prova che esiste uno strumento interiore distinto, che serve a rendere possibili le suddette funzioni?
L'Upanishad Brihadaranyaka spiega:
Si dice: " La mia mente era altrove..non l'ho visto" - oppure: " La mia mente era altrove, non l'ho sentito". E' attraverso la mente, allora, che si vede e si sente. Il desiderio, la determinazione, il dubbio, la fede e la volonta' di aver fede, la stabilita' e l'instabilita', la vergogna, l'intelligenza e la paura, tutto cio' altro non e' che la mente. Persino quando si provano emozioni si sa, in qualche modo, che lo si fa attraverso la mente. Ecco perche' essa esiste.
Essa ha il potere di farci rivolgere verso il suo interno.Come, difatti, ben sapete noi possiamo analizzarla e vederne ogni processo.
La psicologia indiana accorda al mentale tre costituenti, tre livelli, quattro funzioni e cinque condizioni I tre costituenti. Risulta evidente che la mente non si trova sempre in uno stato uniforme. Il fatto e' dovuto a tre forze indipendenti, chiamate i gunas: sattwa, rajas e tamas. Qualita' che ritroviamo, poi, nei costituenti basilari dell'intero universo fisico e mentale.
Sattwa rappresenta il principio di equilibrio, che conduce alla purezza, alla conoscenza ed alla gioia.
Rajas e' il principio di mobilità, che trascina verso l'azione, il desiderio e l'agitazione.
Tamas e' invece il principio di inerzia, il cui effetto e' l'inattivita', la passivita', la menzogna.
Tamas costringe la mente a involversi verso un livello inferiore. Rajas la rende dispersiva ed agitata. Sattwa le fornisce una direzione superiore.
La Panchadasi definisce molto bene gli effetti dei gunas: " Il non-attaccamento, la capacita' di perdonare, la generosita', ecc.. sono prodotti da Sattwa. Il desiderio, la collera, l'avarizia, ecc., da Rajas. La letargia, la confusione, la sonnolenza, ecc.., da Tamas."
Quando e' sattwa a predominare nella mente si acquisisce del merito. Quando lo fa rajas, nasce del demerito. E quando entra in azione tamas, non si produce ne' merito, ne' demerito, e la vita intera viene sciupata in un nulla di fatto. La mente individuale viene orientata dalle differenti combinazioni e permutazioni di questi tre gunas. Ed ecco cosa giustifica le diversita' esistenti tra gli uomini e la natura mutevole di essa.
Non affermiamo spesso: "Ho cambiato parere"? E come sarebbe possibile cio' se la natura della mente fosse fondata solo sull'unitarieta'? Le persone , allora, rimarrebbero per l'intera vita identiche a come si trovavano alla nascita.Non apparirebbe alcuna intelligenza superiore, brillante, o inferiore.
I tre livelli.
I termini "coscio" e "inconscio" ci sono famigliari. Indicano i diversi livelli in cui opera la mente. Nel livello cosciente ogni azione e'solitamente accompagnata dal sentimento di egoismo. Nel piano subconscio e' assente il senso dell'egoismo.
Un livello superiore nel quale la mente riesce ad esprimersi - e che e' ben conosciuto dagli yoghi - e' quello del super-conscio. Anche qui il senso dell'egoismo rimane assente, poiche' essa si trova al di sopra della coscienza relativa. Tuttavia, esiste un enorme differenza tra lo stato supercosciente e quello subconscio.
Quando gli stati mentali passano oltre il livello della coscienza relativa, essi fluiscono nella supercoscienza; ossia, nel samadhi. Qui, la mente si ritrova nel suo stato più originale. Codesti tre stati, tre piani - conscio, subconscio e superconscio - appartengono tutti ,alla natura mentale. Sono i tre livelli attraverso i quali essa evolve.
Le quattro funzioni.
Nel suo aspetto funzionale, il mentale possiede quattro facolta': manas, buddhi, ahamkara e chitta.
Manas e' la precipua modificazione dello strumento interno (antahkarana), che analizza i pro ed i contro di ogni situazione.
Buddhi e' la modificazione dello strumento interno, che possiede una facolta' di determinazione.
Chitta e' la modificazione dello strumento interno, che agisce da memoria.
Ahamkara e' la modificazione dello strumento interno che possiede la caratteristica dell'autocoscienza.
Le quattro caratteristiche intervengono in qualunque funzione percettiva esteriore. Si seguono e si stabilizzano con potere istantaneo. Il mentale si manifesta attraverso cinque condizioni: disperso, oscuro, raccolto, unificato e concentrato.
Ascoltiamo i chiarimenti di Swami Vivekananda:
" La forma dispersa e' attività. Essa tende a manifestarsi sotto l'aspetto del piacere o del dolore. La forma oscura e' debolezza, che spinge verso il male. Nella forma raccolta la mente lotta per darsi una centralita'..."
Il commentatore sa che il terzo aspetto esaminato e' pertinente agli dei ed agli angeli; mentre, il secondo appartiene ai demoni.
La forma unificata appare quando la mente tende a concentrarsi, e la forma concentrata e' quella che conduce al samadhi. Le condizioni medie della mente sono l'oscurita' e la dispersione. Nell'oscurità , ci si sente appannati e passivi. In quello disperso, agitati. Ma, attraverso la disciplina yoga, la mente riesce a divenire "unificata" e "concentrata".
Un manager industriale dalla mente concentrata riuscira' a fare prosperare i suoi affari. Un musicista senza la mente concentrata non riuscira' ad esprimersi nelle migliori condizioni; uno scienziato necessita assolutamente di questa condizione per giungere alle sue grandi scoperte. Ed e' soltanto attraverso la pratica e lo sviluppo della meditazione che la mente potra' raggiungere lo stato di pura concentrazione. In tal caso, e solo in tal caso, la supercoscienza potra' venire toccata.
Senza dubbio, sarete interessati a sapere cosa accade realmente in colui che ha raggiunto lo stato di supercoscienza: il samadhi. Il primo effetto - quando si realizza tale stato - e' di sentirsi al di sopra dei bisogni che l'attività patogena del corpo produce. Infatti, ogni tendenza al compiacimento fisico svanisce per incanto. Si vive una gioia incommensurabile; la gioia che scaturisce dalla liberazione definitiva dalla schiavitu' del corpo. Le Upanishad dicono: " Ogni nodo del cuore viene sbriciolato, ogni dubbio svanisce, gli effetti delle azioni sono annichiliti, una volta che egli ha visto Dio, la piu' alta di ogni vetta." Quando sentiamo dire che la felicità della Realizzazione può venire misurata, ebbene abbiamo in diritto di chiederci in che grado cio' corrisponda al vero.
Nelle Upanishad Taitteriya, un calcolo ed una misura della felicita' di Brahman sono cosi' descritti: " Immaginate un giovane uomo, dotato di tutta la conoscenza; il migliore dei sovrani, dal corpo sano e dallo spirito forte, e supponete che egli possegga il mondo intero con ogni sua ricchezza. Cio' vi dara' la misura della felicita' umana. E questa felicita' umana, moltiplicata per cento volte, da la misura della felicita' dei gandharvas (i super-uomini)..." E l'Upanishad prosegue, moltiplicando le felicità...e conclude: " Colui che risiede, qui, nell'uomo e abita, la', nel sole, sono Uno. Chi conosce questa verita' ha raggiunto la felicità eterna."
Dopo di cio' si potra' avere una idea dell'estensione, della profondita' e dell'intensita' di quanto prova uno yoghi perfetto e felice. Ma, non ci spaventa questo stato di coscienza invisibile ed immaginata? La morte non ci insegna a perdere tutto cio' che possediamo? Si', e' proprio qui il timore dell'uomo non illuminato. Tuttavia, chi conosce il reale e' del tutto libero da ogni tipo di paura. Un'assenza di timori assoluta, indistruttibile.
L'Upanishad afferma: " Egli diviene un essere senza alcuna paura, perche' ha ottenuto una nicchia in quel supporto privo di supporti, invisibile,incorporeo, indefinibile.."
Tra tutti noi, qualcuno certamente esiste che non sia particolarmente interessato alla vita spirituale. Egli preferisce perseguire intelligentemente lo scopo del massimo profitto nella sua esistenza. Ebbene, se, malgrado tutto, egli proseguira' i suoi sforzi sino alla logica conclusione, potra' trasformarsi in cercatore della conoscenza sperimentale degli stati superiori che abbiamo descritto.
Raggiungere l'illuminazione yoga in questa stessa vita porta come risultato:
1. la cessazione di ogni eccitamento fisico
2. lo svanire di ogni dubbio
3. la realizzazione di un potere infinito
4. la realizzazione di una gioia illimitata
5. la scomparsa di ogni timore
6. La realizzazione di qualunque meta contemplata dallo yoghi.
Sforziamoci di comprendere il messaggio dell'Islam, annunciato dal Corano:
" O, credente, temi Dio. Desidera l'unione con Lui. Lotta sinceramente sulla via che può condurti alla felicità.
Nessun'anima conosce quelle gioie degli occhi riservate al saggio, in ricompensa ai suoi sforzi."
Ecco che, malgrado le loro diversita', tutte le religioni promettono questa unione con la gioia ultima ed eterna. Ed anche la semplice descrizione di questa gioia, che può offrirci tuttavia solo un minima idea di tanta esperienza, rappresenta una salutare brezza per la mente.
Concluderei la mia lunga introduzione ai "Sutra Yoga" di Patanjali con la storia di un grande yoghi, che li ha commentati.
Sadashiva Brahmendra era un brillante studioso. Un giorno, mentre se ne stava occupato a dibattere con passione i concetti della filosofia non dualista, il suo Guru lo esorto' ad osservare il silenzio ed a meditare. Sadashiva, di conseguenza, divenne silenzioso e prese a meditare, dimentico del mondo attorno a lui. Inizio' a vagabondare, completamente nudo. Mentre stava assorto sulle rive di un vasto fiume, ecco che venne afferrato dalle onde e sepolto sotto una spessa quantita' di sabbia, sotto la quale resto' per diverse settimane. Lo ritrovarono solo per caso. Vivo e radioso come prima. Un'altra volta, senza rendersene conto, entro', sempre completamente nudo, nella tenda dello Zenanal di un Nawab. Costui, furioso, gli trancio' il braccio destro. E quando si accorse che Sadashiva restava completamente indifferente alla ferita che gli aveva inflitto, rimase stupefatto e gli chiese perdono. Allora, Sadashiva si tocco' il moncherino con la mano sinistra e fece nascere un nuovo braccio!
Ben altri racconti vengono narrati sulla vita di questo grande yoghi. Riprenderemo prossimamente lo studio dei Sutra, riferendoci anche ai commentari di Sadashiva.