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Ramakrishna

Gita

La grandezza delle piccole cose, che è ciò che la Gita insegna, benedite il vecchio libro!

Noi leggiamo più volte nella Bhagavad Gita che dobbiamo lavorare tutti incessantemente. Tutto il lavoro è per sua natura composto di bene e male. Noi non possiamo fare nessun lavoro che non sarà utile in qualcosa; non ci potrà essere nessun lavoro che non causerà qualche danno da qualche parte. Ogni azione deve essere necessariamente un insieme di bene e male; tuttavia noi abbiamo l’obbligo di lavorare incessantemente. Bene e male avranno i loro risultati. Le buone azioni ci trasmetteranno un buon effetto; le cattive, uno cattivo. Ma sia buono che cattivo, sono entrambi legami per lo spirito. La soluzione raggiunta nella Gita riguardo la natura di questo lavoro che produce legami, è che se noi non ci attacchiamo al lavoro che facciamo, esso non avrà nessun effetto vincolante sul nostro spirito.

Questa è la causa della nostra infelicità: noi siamo attaccati, noi veniamo presi. Perciò, dice la Gita, lavora costantemente. Lavora ma non essere attaccato, non essere preso. Mantieni in te stesso il potere di staccarti da qualsiasi cosa, per quanto amata, per quanto lo spirito la possa desiderare; per quanto grande sia il dolore dell’infelicità che provi se stai per lasciarla, tuttavia, mantieni il potere di lasciarla ogni volta che vuoi.

L’amore del cuore è dovuto a uno solo. A chi? A Colui che non cambia mai. Sri Krishna dice nella Gita: Il Signore è il solo che non cambia mai. Il Suo amore non diminuisce mai. Dovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo, Lui è sempre e sempre lo stesso misericordioso, amoroso cuore. Lui non cambia mai… noi dobbiamo amare Lui, e tutto ciò che vive, solo in Lui e attraverso Lui. Questa è la nota principale.

Si, se c’è qualcosa nella Gita che mi piace, sono due versi, che escono come il dono, la vera essenza, dell’insegnamento di Krishna: “Colui che vede il Supremo Signore dimorare allo stesso modo in tutti gli esseri, l’Inestinguibile nelle cose che muoiono, lui vede davvero. Perché, vedendo il Signore come la stessa cosa, presente dappertutto, lui non distrugge il sé con il Sé, e così giunge alla meta più alta.”

Le Upanishad

Nel linguaggio moderno, il tema delle Upanishad è trovare un’unità ultima delle cose. La conoscenza non è altro che trovare l’unità in mezzo alla diversità. Ogni scienza è basata su questo; tutta la conoscenza umana è basata sul trovare l’unità in mezzo alla diversità. E se questo è il compito di piccoli frammenti di conoscenza umana, che noi chiamiamo scienze, il trovare cioè l’unità nel mezzo di alcuni fenomeni differenti, il compito diviene stupendo quando il tema davanti noi è trovare l’unità in mezzo a questo universo meravigliosamente diversificato, dove prevalgono innumerevoli differenze in nome e forma, in materia e spirito… ogni pensiero che differisce da qualsiasi altro pensiero, ogni forma che differisce da qualsiasi altra forma. Armonizzare questi diversi piani di sfere infinite, trovare l’unità nel mezzo di questa varietà infinita, è il tema delle Upanishad.

“Il sole lì non brilla, né la luna e le stelle, e nemmeno questi lampi-per non parlare di questo fuoco.” Quale poesia del mondo può essere più sublime di questa? Non potrete trovare tale poesia da nessun’altra parte.