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Ramakrishna

La religione non è più la necessità maggiore dell'India
(20 settembre 1893)

I cristiani debbono essere sempre disponibili ad ascoltare delle sane critiche, e non penso affatto che me ne vorrete se ve ne faccio un po’. Voi cristiani, che tanto amate mandare dei missionari per salvare l’anima dei pagani, perché invece non provate a salvare i loro corpi dalla carestia? In India, durante le terribili carestie, migliaia di persone sono morte di fame e, tuttavia, voi altri, cristiani, non avete fatto nulla.

Avete costruito delle chiese nell’intera India, ma il bisogno più acuto in oriente non è la religione ; ne abbiamo quanto basta. E’ del pane che reclamano i milioni di sfortunati, dalla gola secca, nell’India infuocata. Ci domandano del pane, e noi offriamo loro delle pietre. Dare della religione ad un popolo affamato significa insultarlo. E’ un insulto, per un uomo che muore di fame, insegnargli la metafisica. In India, un prete che predicasse per denaro perderebbe il suo rango di casta e le persone gli sputerebbero addosso. Io sono qui venuto a domandare aiuto per il mio popolo impoverito, e mi rendo conto, adesso, quanto sia difficile ottenere dai cristiani, in un paese cristiano, che essi vengano in aiuto a dei pagani!

 

Il Buddhismo, sviluppo dell'Induismo
(26 settembre 1893)

Non sono buddista – lo avete già sentito dire – e, ciononostante, lo sono. Se la Cina, il Giappone, Ceylon seguono gli insegnamente del Grande Budda, l’India adora in Lui un Dio incarnato in terra. Avete appena percepito che io sto per fare una critica al buddismo, ma bisogna che mi comprendiate bene. Lungi da me l’idea di criticare il Budda, visto che io l’adoro come Dio incarnato ! Tuttavia, pensiamo che Budda non sia stato ben compreso dai suoi discepoli. I rapporti tra l’induismo (e intendo, qui, la religione dei Veda) e quel che oggi viene chiamato il buddismo sono quasi gli stessi che intercorrono tra il giudaismo ed il cristianesimo. Gesù Cristo era un Giudeo e Shakya Muni era un Indù. Gli Giudei hanno ripudiato Gesù Cristo, e l’hanno addirittura crocefisso, mentre gli Indu hanno accettato Shakya Muni come Dio e gli rendono culto. Ma, la vera differenza che noialtri Indù vogliamo sottolineare tra il buddismo moderno e gli insegnamenti del Signore Buddha, tali quali sono da noi compresi, sta soprattutto in questo: Shakya Muni non è venuto per predicare nulla di nuovo. Soltanto che, nel caso di Gesù, furono i Giudei, l’antico popolo, che non lo compresero, mentre in quello di Buddha, furono proprio i suoi adepti che non colsero il significato del suo insegnamento. Come il giudeo non ha compreso il compimento dell’Antico Testamento, così il buddista non ha compreso il compimento delle verità della religione indù. Lo ripeto, una volta per tutte: Shakya Muni non è venuto per abolire. Ha rappresentato il fine, la conclusione logica, lo sviluppo sequenziale della religione degli Indù.

La religione indù si può dividere in due aspetti: uno rituale, l’altro spirituale. La parte spirituale viene studiata in particolare dai monaci. Ora, negli ordini monastici non esistono caste. Un uomo appartenente alla casta più alta ed uno della casta più infima possono ambedue divenire dei monaci, in India, ed ogni differenza di casta, tra di essi, sparirà. In religione, le caste spariscono ; esse sono unicamente un’istituzione sociale. Shakya Muni stesso era un monaco, e la sua gloria consiste nell’aver avuto il cuore tanto vasto da voler estrarre dai Veda tenuti segreti delle verità che erano depositate in essi e renderle pubbliche a tutto il mondo. Fu il primo individuo in terra che creò dei missionari; fu anche il primo a concepire l’idea del proselitismo.

La grande gloria del Maestro è la meravigliosa simpatia che sentiva verso ogni essere, e particolarmente verso gli ignoranti ed i poveri. Certi suoi discepoli era bramini. Quando Budda predicava, il sanscrito non rappresentava più la lingua corrente dell’India ; lo si rintracciava solo nei libri dei sapienti. Alcuni dei discepoli bramini di Buddha vollero tradurre i suoi insegnamenti in sanscrito, ma egli disse loro categoricamente : " Io sono venuto per i poveri, per il popolo. Debbo parlare la lingua del popolo. " Ecco la ragione per cui la gran parte dei suoi insegnamenti è rimasta, sino ad oggi, nel linguaggio corrente che veniva parlato, nell’epoca, in India.

Qualunque possa essere il punto di vista della filosofia, qualunque possa essere quello della metafisica, fin quando esisterà nel mondo ciò che si chiama morte, fin quando apparirà nel cuore dell’uomo quella che chiamiamo debolezza, fino a che un grido scaturirà dal cuore dell’uomo in tutta la sua natura inerme, si crederà in Dio.

Dal punto di vista filosofico, i discepoli del grande Maetsro si sono scaraventati contro le rocce eterne dei Veda, senza riuscire a frantumarle; nel contempo, hanno tolto al nostro popolo quel Dio eterno al quale ciascuno, uomo e donna, è sì profondamente avvinto. Il risultato è che il buddismo avrebbe dovuto morire di morte naturale, in India. Ed oggi non esiste, in India, paese ove nacque il buddismo, un solo uomo che si dichiari buddista.

Ma, nel contempo, il bramanesimo ha perso qualcosa ; quel zelo riformatore, quella carità e quella simpatia meravigliosi verso tutti, quel fermento che il buddismo aveva donato alle masse e che aveva innalzato la società indiana ad un livello tale che uno storico greco, scrivendo sull’India dell’epoca, dichiarò : " Non si apprende mai d’un Indù che dica cose diverse dalla verità, né che una donna indù sia men che casta (cf. Megasthène). "

L’induismo non può esistere senza il buddismo, né il buddismo senza l’induismo. Cercate di comprendere, di conseguenza, quanto ci ha insegnato questa separazione : cioè, che i buddisti non possono esistere senza il cervello e la Filosofia dei bramini, e che i bramini non possono fare a meno dei buddisti. La separazione tra i buddisti ed i bramini è stata la causa della caduta dell’India. Ecco perché l’India è popolata da trecento milioni di mendicanti ; ecco perché da un migliaio di anni si trova asservita a dei conquistatori. Uniamo, allora, il meraviglioso intelletto del bramino al cuore, all’anima nobile, al mirabile potere d’umanizzazione del Grande Maestro.

 

Discorso della sessione di chiusura
(27 settembre 1893)

Il Parlamento mondiale delle religioni è, ora, una fatto compiuto. Il Padre compassionevole ha aiutato chi si era sforzato di farlo nascere, ed ha coronato di successo il loro lavoro, così profondamente disinteressato.

Ringrazio quelle nobili anime che, con il loro grande cuore ed amore della verità sono stati i primi a fare questo meraviglioso sogno, e lo hanno in seguito realizzato. Sono riconoscente della pioggia di sentimenti generosi che è, qui, scrosciata. Ringrazio questo illuminato uditorio per la calorosa accoglienza che mi ha sempre riservata, e per il modo in cui mi ha dimostrato il suo apprezzamento per ogni concetto che tendeva a fare sparire i punti di frizione tra le religioni. Di quando in quando qualche nota discordante si è fatta sentire, in questa armonia. Sono riconoscente anche di questo, poiché, grazie al loro evidente contrasto, esse hanno reso questa generale armonia ancora più dolce.

Si è molto parlato del terreno comune dell’unità religiosa. Non intendo ora mettere in luce le mie teorie a riguardo di questo sogetto. Ma, se qualcuno tra di noi sperasse che tale unità avvenga attraverso il trionfo di una di codeste religioni sulla distruzione delle altre, gli direi : " Fratello mio, la tua speranza è irrealizzabile ! ". Desidero, io, forse, che l’indù divenga cristiano ?Dio me ne guardi ! Desidero che l’indù, o il buddista si facciano cristiani ? Dio me ne guardi !

Il seme è messo nel suolo. La terra, l’aria e l’acqua sono presenti, intorno. Forse, il seme diviene terra, o aria, o acqua ? No, si trasforma in una pianta ; si sviluppa conformemente alle leggi della propria crescita ; assimila l’aria, la terra e l’acqua ; le converte in sostanza vegetale, e si trasforma in pianta.

Lo stesso avviene nel caso della religione. Il cristiano non deve divenire indù, o buddista ; l’indù, o il buddista non debbono trasformarsi in cristiani. Ma, ognuno deve assimilare lo spirito degli altri, pur conservando la propria individualità, e sviluppandosi secondo le leggi della propria crescita.

Se il Parlamento delle religioni ha mostrato qualche cosa al mondo, è proprio questo : ha provato al mondo che la santità, la purezza e la carità non sono l’appannaggio esclusivo di una chiesa qualunque, e che ogni sistema ha prodotto degli uomini e delle donne di natura superiore. Di fronte a tali prove, se qualcuno sogna ancora di vedere sopravvivere la sola sua religione e perire le altre, lo compiango dal più profondo del mio cuore, e gli faccio osservare che sulla bandiera di ogni religoione, ben presto, sarà scritto, malgrado ogni resistenza : " Aiuto, e non combattimento ", " Assimilazione, e non distruzione ", " Armonia e pace, e non dissenso ".

 

Dopo il Parlamento: una lettera di Swami Vivekananda

Come già è stato detto, Swami Vivekananda trascorse un periodo di tempo a Boston, prima che il parlamento iniziasse i lavori. Tra le persone che incontrò vi era il Professor J. H. Wright, insegnante di greco all’Università di Harvard. Costui incoraggiò lo Swami a rappresentare l’induismo al parlamento delle religioni.

Allorché lo Swami gli rispose di non avere alcuna lettera di credito, il professore rispose:"Swami, chiedervi delle lettere di credito è come domandare al sole se ha il diritto di splendere."

Sul conto di Swami egli scrisse a molte persone che contavano, in seno al Parlamento – in particolare al Presidente del Comitato di selezione del delegati, che era un suo amico – affermando : " Ecco un individuo più erudito di tutti i nostri professori messi assieme ". Ed il professore gli pagò anche il biglietto ferroviaro per Chicago.

Che Swami avesse apprezzato l’aiuto ricevuto dal Professor Wright appare chiaramente nella seguente lettera, scritta al suo amico di Boston subito dopo la chiusura del Parlamento. Nella lettera, lo Swaraj chiama il Professor Wright : Adhyapakji, ossia Riverito professore ; descrive certuni del suoi sentimenti durante e dopo il periodo parlamentare e dona le sue benedizioni ai membri della famiglia Wright, ivi compreso il loro figlio Austin.

Swami conclude la lettera con una delle più belle bendizioni che si conoscano nella letteratura spirituale.


Chicago, 2 octobre 1893

Caro Adhyapakji,

Non so cosa pensiate del mio lungo silenzio. Per prima cosa mi sono presentato al Congresso all'ultimo momento senza essere affatto preparato, per questo sono stato parecchio occupato. In seguito, ho parlato quasi ogni giorno al Congresso e non ebbi il tempo di scrivere; infine, e questa è la cosa più importante, mio caro amico, vi debbo talmente tanto che sarebbe stato un insulto verso la vostra amicizia disinteressata (ahetuka) scrivervi frettolosamente delle lettere in stile commerciale. Ora, il Congresso è terminato.

Caro fratello, avevo tanta, ma tanta paura di presentarmi a parlare davanti a questa grande assemblea di oratori e di pensatori di valore, giunti da ogni parte del mondo, ma il Signore me ne ha dato la forza, e quasi ogni giorno mi sono, eroicamente ( ?) posto allo scoperto e di fronte all’auditorio. Se ho ben fatto, Egli me ne ha dato la forza ; se ho fallito penosamente – e lo sapevo sin dall’inizio – gli è perché sono irrimediabilmente ignorante.

Il vostro amico, Professor Bradley, è stato molto buono nei miei riguardi e mi ha sempre incoraggiato. Mentre risulta al di la di ogni mia espressione il fatto che ognuno, qui, sia gentile con me – che sono un nulla. Gloria a Lui, nel più alto dei cieli, il cui sguardo si posa nello stesso modo sul povero monaco ignorante che viene dall’india e sui divini eruditi di questo potente paese. E, visto come il Signore mi aiuta ogni giorno della vita, mi auguro a volte – fratello mio – un’esistenza di milioni e milioni di periodi per servirLo al meglio del mio lavoro, vestito di stracci e nutrito di carità.

Oh, quanto vorrei che voi foste qui per osservare certuni degli affascinanti rappresentanti dell’India : il buddista Dharmapala, dal cuore tenero, e l’oratore Mazoomdar, affinché possiate realizzare che esistono, in quella povera India lontana, dei cuori che battono all’unisono con i vostri, nati ed educati in un paese grande e potente.

I miei eterni omaggi alla vostra santa sposa ; mentre, ai vostri incantevoli figli vada il mio eterno amore e le mie benedizioni.

Il colonnello Higginson, uomo di larghissime idee, mi ha detto che vostra figlia ha scritto alla sua di me, esprimendo nei miei riguardi molta simpatia. Parto per Evanson domani e spero di incontrarvi il Professor Bradley.

Che Egli possa renderci sempre più puri e santi, in modo che si riesca a vivere una perfetta esistenza spirituale ancor prima di deporre questo corpo terrestre.

Vivekananda

La lettera continua su un foglio di carta separato.

Mi trovo sul punto di adattarmi a vivere qui. Durante l’intera mia esistenza ho considerato ogni situazione come provocata da Lui, e mi ci sono lasciato andare con serenità. All’inizio, in America, ero quasi fuori dal mio elemento. Temevo di dover abbandonare quel solco abitudinario di venir guidato dal Signore, e che dovessi ora " provvedere " a me stesso. Quale orribile atto malvagio rappresentava questo concetto ! Osservo ora con chiarezza che Colui che mi guidava sui picchi nevosi dell’Himalaya e nelle piane infuocate dell’India è qui per aiutarmi e condurmi. Gloria a Lui nel più alto dei cieli. Di conseguenza, mi sono con calma riadattato all’antico modo di agire. Da una parte, o dall’altra mi giungono un riparo e del cibo ; da una parte, o dall’altra vengono a chiedermi di parlare di Lui, ed io so che è Lui ad inviarmeli, e che il mio compito è di obbedire. Quindi, Egli fornisce ciò di cui ho bisogno, e la Sua volontà sarà fatta.

"Porto ogni cosa necessaria a colui che si rimette a Me ed abbandona ogni osservanza ed ogni lotta (Gita) "

E’ così in Asia. Così in Europa. Così in America. Così nel deserto dell’India. Così nel precipitoso mondo affaristico americano. Difatti, Egli non è anche qui ? Se non lo fosse, considererei scontato che Egli voglia ch’io metta da parte questo fragile corpo, in tre minuti ; ed io spero di deporlo con grande piacere.

Fratello, ci rivedremo, oppure no. Egli lo sa. Voi siete grande, erudito e santo. Non oso fare prediche a voi, né alla vostra sposa ; ma, per i vostri figli cito questi passaggi dei Veda :

" I quattro Veda, scienze, lingue, filosofia ed ogni altro insegnamento sono solo degli orpelli. Il sapere reale, la vera conoscenza, è ciò che ci rende capaci di raggiungere Colui che resta immutevole nel Suo amore "

" Com’è reale, come tangibile, come visibile è colui grazie al Quale la pelle possiede il senso del toccare, gli occhi vedono ed il mondo intero ottiene la sua realtà. "

" Ascoltandolo, non resta altro da ascoltare,
Vedendolo, non resta altro da vedere,
Raggiungendolo, non resta altro da raggiungere. "
" E’ lo sguardo dei nostro occhi, l’udito delle nostre orecchie, l’Anima delle nostre anime. "

E’ più accosto a voi, miei cari, del vostro padre e della vostra madre. Voi siete innocenti e puri come dei fiori. Restate così, e Lui stesso vi si rivelerà. Caro Austin, quando state giocando vi è un altro compagno di giochi assieme a voi, e che vi ama più di ogni altro ; e, oh ! E’ talmente colmo di gaiezza ! Gioca in ogni momento ; a volta con dei grossi palloni, che chiamiamo il sole e la terra ; a volte con dei bimbi piccini come voi, ridendo e trastullandosi con voi. Come sarebbe divertente vederLo e giocare con Lui ! Mio caro, pensaci !

Caro Adhyapakji, sto per partire proprio adesso. Solo quando vengo a Chicago vado sempre a visitare Mr. e M.me Lyons, una delle coppie più nobili che abbia qui conosciuto. Se volete essere così gentile di scrivermi, indirizzate, vi prego, la posta alla buona cura di Mr. John B. Lyon, 262 Michigan Ave., Chicago.

Colui che si appropria dell’Uno, in questo molteplice mondo – la sola esistenza stabile in una realtà di ombre fugitive, la sola vita in una terra di morte – solo costui attraversa il mare della sofferenza e della lotta. Nessun altro, nessun altro " (Veda)

" Colui che è il Brahman dei Vedantini, Ishwara dei Naiyayikas, Purusha dei Sankhyas, Causa dei Mimansakas, Legge dei Buddisti, Zero assoluto degli Atei, ed amore infinito per coloro che amano, che Egli possa tutti prenderci sotto la sua misericordiosa protezione " : Udayanacharya, un grande filosofo di Nyaya, o scuola Dualista. Questa è la benedizione pronunciata ad ogni inizio del suo meraviglioso libro Kusumanjali (una manciata di fiori), nel quale egli cerca distabilire l’esistenza di un creatore personale e di una morale sovrana di amore infinito, indipendentemente dalla rivelazione.

Il vostro amico per sempre riconoscente

Vivekananda

Chicago, 2 Ottobre, 1893