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Ramakrishna

Lunedì 11 settembre 1983, il Parlamento delle Religioni inaugurò solennemente i suoi lavori. Questa grande riunione faceva parte dell’Esposizione Universale di Chicago, organizzata per celebrare il quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’America, da parte di Cristoforo Colombo. Uno degli scopi principali dell’Esposizione era di mostrare i progressi che il mondo doveva agli scienziati occidentali, le scoperte scientifiche e le tecniche recenti. Poiché la religione era un fattore essenziale della cultura umana, si decise di organizzare, in contemporanea all’Esposizione, un Parlamento delle Religioni.

Il Dr. Barrows, nella sua storia del Parlamento delle Religioni, scrisse:

" La fede in un Potere Divino che gli uomini hanno sentito di servire e adorare è sempre stato, come il sole, un fattore di vita per lo sviluppo intellettuale e morale dell’uomo ; la religione è la base della letteratura indù e dei suoi capolavori mistici, dell’arte europea – sia che si tratti di statue greche, o di cattedrali gotiche - , della libertà americana e dei suoi recenti progressi verso una condizione sociale più giusta; risulta evidente che la Religione di Cristo ha favorito gli sviluppi fondamentali più importanti e le più nobili tra le nostre civiltà moderne. Di conseguenza non ci sembra che la religione, non più dell’educazione, dell’Arte, o dell’Elettricità debba venire esclusa dall’esposizione Universale di Chicago "

 

 

E’ sicuramente possibile che alcuni più entusiasti teologi cristiani, tra i promotori del Parlamento, abbiano visto per essi, in questo congresso, un’occasione di provare la superiorità del Cristianesimo della maggioranza occidentale, sulle altre dottrine del mondo. Swami Vivekananda disse molto tempo dopo, come semplice battuta, che la stessa Madre Divina aveva voluto il Parlamento perché si desse l’occasione di presentare la Religione Eterna degli indù davanti all’intero mondo, e che lo scenario corrispondeva all’importanza del suo ruolo; mentre il resto rappresentava una realtà accessoria. La verità di questa affermazione ci appare oggi tale, dopo mezzo secolo; poiché, se ci si è dimenticati di ogni cosa detta al Parlamento, le parole che Vivekananda vi pronunziò vengono ancora venerate in America, ed il movimento a cui egli dette nascita si è oramai radicato solidamente nel cuori americani.

 

Come disse l’onorevole Mr. Merwin-Marie Snell, presidente della Sezione Scientifica : " …uno dei meriti essenziali del Parlamento fu di indicare al mondo intero, ed in particolare al popolo degli Stati Uniti, l’esistenza di altre religioni più venerabili del Cristianesimo, e che superavano quest’ultimo in profondità filosofica, in intensità spirituale, in forza e indipendeza del pensiero, in ampiezza e in sincera simpatia umana, senza peraltro cedere nulla in rapporto alla bellezza morale ed all’efficienza "

 

La prima seduta del Parlamento iniziò alle dieci del mattino. Ogni fede religiosa organizzata, come vengono vissute da duecento milioni di individui, si trovava rappresentata. Si notavano, fra i gruppi non cristiani, l’Induismo, lo Jainismo, il Buddismo, lo Shintoismo ed il Mazdeismo.

 

La vasta hall e l’immensa galleria del Palazzo delle Arti ospitavano settemila persone, uomini e donne, che rappresentavano l’èlite culturale degli Stati Uniti. I delegati ufficiali avanzarono in processione nel percorso e, al centro, nel suo abito rosso, sedette il Cardinale Gibbons, il massimo prelato della Chiesa cattolica Romana dell’emisfero occidentale. Si accomodò su di un trono ed aprì la seduta con una preghiera. Ai suoi lati si raggrupparono i delegati orientali : Patrap Cjandra Mazoomdar, del Brahmo Samaj di Calcutta e Nagarkar di Bombay; Dhamrapala, rappresentante dei buddisti di Ceylon ; Gandhi, che rappresentava i Jainisti ; Chakravart ed Annie Besant, della Società Teosofica. Tra di essi stava Swami Vivekananda, che non rappresentava alcuna setta particolare, bensì la Religione Universale ed i Veda, e che espresse, come ben presto vedremo, l’aspirazione spirituale dell’intera umanità. La sua magnifica veste, il suo largo turbante giallo, il colore bronzeo della sua pelle, i suoi tratti fini erano molto evidenti ed attrassero l’attenzione di tutti. In ordine numerico, lo Swami occupava il trentunesimo posto.

 

Uno dopo l’altro, i delegati si alzarono e lessero dei discorsi già preparati ; ma, lo sannyasin indù non aveva nulla di pronto. Mai aveva parlato, prima, davanti ad un tale tipo di assemblea. Quando gli chiesero di prendere parola, fu colto da spavento e chiese al presidente di richiamarlo un po’ più tardi. Egli confessò, dopo: " Il mio cuore, chiaramente, impazziva ed avevo la gola secca. Ero talmente nervoso che mi decisi a parlare solo durante la riunione del mattino. "

 

Finalmente avanzò verso l’uditorio ed il Dr. Barrows lo presentò. Dopo un saluto a Sarasvati, Dea della Saggezza, egli si rivolse ai presenti : " Fratelli e sorelle miei d’America." Migliaia di persone si alzarono subito in piedi e lo applaudirono a lungo. Erano profondamente colpiti di ascoltare, finalmente, un uomo che saltava le formule abituali e parlava ad essi con il semplice e naturale calore di un fratello.

 

Ci vollero due minuti interi a che il tumulto cessasse, e lo Swami iniziò iniziò il suo discorso ringraziando la più giovane delle nazioni in nome dell’ordine monastico più antico del mondo: l’ordine vedico dei sannyasin. Il tema centrale della sua allocuzione fu il concetto di tolleranza e di accettazione universali. Disse quanto l’India, dai tempi pi ùantichi, avesse dato rifugio ai religiosi di altri paesi – come gli Israeliti e gli Zoroastriani – e citò il seguente messaggio delle scritture che esprime bene lo spirito tollerante degli indù :

 

" Come ogni torrente, sgorgato da punti diversi, fonde le sue acque in mare, così, o Signore, le diverse vie che gli uomini scelgono a secondo della loro natura, per quando diverse possano apparire, sinuose o diritte, menano tutte a Voi. "

 

" Chiunque viene a Me, sotto qualunque forma egli venga, Io lo accolgo. Tutti gli uomini esprimono i loro sforzi in sentieri che, alla fine, portano a Me. "

 

Egli concluse augurando che potessero cessare rapidamente il settarismo, la bigotteria ed il fanatismo.

 

L’auditorio gli rispose con applausi assordanti. Sembrava che ognuno avesse da sempre atteso questo messaggio di armonia religiosa. Un giudeo intellettuale confidò all’autore di questo libro, diversi anni dopo, di aver compreso per la prima volta, dopo questo sermone di Vivekananda, la verità della propria religione, il Giudaismo, e che lo Swami non aveva parlato solo per la propria fede ma per tutte quelle del mondo. Mentre ogni altro delegato aveva esposto i propri ideali e la propria setta, lo Swami aveva parlato di Dio che, essendo lo scopo di ogni credenza, ne costituisce l’essenza intima. Egli ne aveva appresa la verità ai piedi di Sri Ramakrishna; che sempre aveva insegnato – perlando secondo la sua esperienza personale - che ogni religione è soltanto uno dei molteplici cammini che conducono allo stesso obiettivo. Lo Swami aveva espresso il bisogno che prova il mondo moderno di sgretolare le barriere che separano le caste, le razze, i credi per fondere ogni uomo in una sola umanità.

 

Le sue labbra non pronunziarono la minima parola che avessroe potuto condannare una qualunque religione, per quanto grossolana o irrazionale la si potesse credere. Egli non credeva che tale fede, oppure tal’altra fossero vere a seconda dei punti di vista ; per lui tutte le religioni erano dei mezzi capaci di condurre i propri fedeli, con gusti e temperamenti diversi, verso lo stesso ideale di perfezione. Anni prima, il giovane Narendra, da zelante neofita, aveva condannato, in presenza del suo Maestro, una discutibile setta che consigliava delle pratiche immorali in nome della religione, e Ramakrishna lo aveva gentilmente ripreso dicendogli : " Perché critichi queste persone? Anche il loro sentiero porta, alla fine, a Dio. Vi sono molte porte attraverso le quali si entra in una casa. Lo spazzino entra da quella retrostante. Tu non sei obbligato a fare la stessa cosa. "

 

Quanto buon profeta fu il Maestro allorché affermò che Naren avrebbe un giorno scosso il mondo intero! Mrs. S.K.Bodgett, che più tardi avrebbe ospitato a casa sua, a Los Angeles, Swami, descrisse in tal modo le proprie impressioni al Parlamento: " Nel 1893 mi trovavo nel Parlamento delle Religioni a Chicago. Quando questo giovane uomo si alzò e disse : " Fratelli e sorelle mie d’America ", settemila persone si rizzarono per un omaggio spontaneo verso qualcosa che essi stessi ignoravano. Appena ebbe terminato, vidi dei gruppi di ventine di donne che scavalcavano gli scranni per avvicinarsi a lui ed allora mi sono detta : " Ebbene, ragazzo mio, se tu sei capace di resistere ad un simile attacco, sei sicuramente un Dio ! "

 

Swami Vivekananda prese parola al Parlamento per circa venti volte. La sua più importante esposizione riguardò l’Induismo; ne discusse l’aspetto metafisico, la psicologia e la teologia. La divinità dell’anima, l’unicità dell’esistenza, il non dualismo della divinità; questi, i temi ch,e senza posa, si avvicendavano nel suo messaggio. Dimostrò che lo scopo finale dell’uomo è divenire divino realizzando la Divinità e che gli esseri umani sono figli dell’" Immortale Felicità ".

 

Nell’ultima seduta del Parlamento, SwamiVivekananda concluse il suo discorso affermando : " Il Cristiano non deve divenire un Indù, o un Buddista, come un Indù o un Buddista non debbono divenire Cristiani. Ma ognuno di essi deve assimilar elo spirito degli altri, preservando intatta la propria individualità ed evolvendo secondo le leggi sue proprie. Se il Parlamento delle religioni ha fatto capire qualcosa al mondo, è proprio questo : esso ha provato a tutti che la santità, la purezza, la carità non sono proprietà esclusiva di nessuna chiesa particolare e che ogni dottrina ha partorito le anime più nobili, più alte. Se qualcuno, pur posto di fronte a codesta evidenza, si illude di assicurarsi la supremazia della sola sua religione sulle rovine delle altre, lo compatisco dal profondo del cuore e lo avverto che, a dispetto della sua resistenza, ben presto si vedrà scritto sullo stendardo di tutte le fedi religiose : " Assistenza e non Lotta ", " Assimilazione e non Distruzione ", " Armonia e non Discordia ".

 

Il Parlamento delle Religioni fornì a Swami Vivekananda l’occasione tanto attesa di proclamare davanti al mondo occidentale le verità eterne ed universali dei suoi antenati Ariani. Ed egli colse quest’occasione. Quando parlò, rappresentava, per così dire, la confluenza di due grandi correnti di pensiero, di due ideali che hann omodellato la cultura umana. Il vasto uditorio al quale si rivolgeva rappresentava esclusivamente lo spirito occidentale; quello spirito giovane, vivo, impaziente, curioso, terribilmente sincero, ben disciplinato, in accordo con l’universo fisico, ma scettico riguardo alla profondità del mondo al di la della sensibilità comune, e che rifiutava di accettare le verità spirituali senza prove razionali. D’altro canto, egli aveva alle sue spalle l’antico mondo dell’India, con l’intero assieme delle sue religioni e delle sue scoperte filosofiche, con i suoi santi ed i suoi profeti alla ricerca della realtà, attraverso il controllo di sé e la contemplazione, indifferente agli avvenimenti della vita transitoria ed assorbito dalle Verità Eterne. L’educazione di Vivekananda, le sue esperienze personali ed il suo contatto con il Dio-uomo dell’India moderna lo avevano sommamente preparato a rappresentare i due ideali ed a neutralizzare il loro apparente conflitto.

 

Agli occhi di Vivekananda, la religione degli Indù, basata sugli insegnamenti dei Veda, era adatta a creare la sintesi necessaria. Con il termine di Veda egli non intendeva indicare alcun libro particolare contenente le parole di un profeta, o imposto da un’autorità sovrannaturale, ma il tesoro accumulato delle leggi spirituali scoperte da diversi uomini spirituali indù, in diverse epoche. Nella stessa maniera in cui la lege di gravitazione esisteva prima della sua scoperta e continuerà ad esistere anche se l’umanità la dovesse dimenticare, così le leggi che governano il mondo spirituale esistono a prescindere dalla conoscenza che noi possiamo averne. Le relazioni etiche e spirituali tra le anime, e tra gli spiriti individuali ed il Padre di ognuno di essi, esistevano prima che li si scoprisse e persisteranno anche se noi dovessimo dimenticarle. Considerando il carattere universale della fede indù, lo Swami disse : " I voli spirituali della filosofia vedantica, di cui le ultime scoperte scientifiche sembrano la eco, sino alle idee idolatre inferiori, con il loro mitologico florilegio, l’agnosticismo dei Buddisti e l’ateismo degli Jainisti, tutto ciò trova posto nella religione indù.

 

Il giovane monaco sconosciuto, che proveniva dall’India, si era, di colpo, trasformato in una delle personalità più rappresentative del mondo religioso. Da oscuro, egli divenne celebre. Dei suoi ritratti, a grandezza naturale, erano affissi nelle strade di Chicago, con la scritta: " Il Monaco Vivekananda ", e molti passanti si fermavano per inchinarsi davanti ad essi.

 

Il Dr. J. H. Barrow, presidente del Parlamento delle Religioni, disse : " Swami Vivekananda esercitava una straordinaria influenza sui propri ascoltatori ", e Mr.Merwin-Marie Snell constatò, con maggior entusiasmo ancora : " Il più importante, il più tipico rappresentante dell’Induismo fu senza dubbio Swami Vivekananda ; sicuramente, egli rappresentò l’uomo più popolare e più influente del Parlamento…Veniva accolto con un maggiore entusiasmo di qualunque altro oratore, cristiano o pagano. Ovunque andasse, le persone si accalcavano sui suoi passi e pendevano dalle sue labbra. Il più rigido dei Cristiani ortodossi disse di lui : " In verità, è un principe ! "

 

La stampa pubblicava i suoi discorsi, che venivano letti con interesse dall’intero paese. Il New York Herald scrisse : "Rappresenta senza alcun dubbio la massima figura del Parlamento delle Religioni. Dopo averlo ascoltato, voi capite a quale punto di assurdità si giunge nel mandare dei missionari in un paese così colto ". Si potè leggere nel Boston Evening Post : " Egli è la grande vedette del Parlamento a causa dell’ampiezza dei suoi sentimenti ed anche per come si presenta. Basta che passi, che lo si applaudisce, e tante evidente aprovazione da parte di migliaia di uditori egli l’accetta con una gratitudine simile a quella di un bambino ; senza la minima traccia di vanità…E’ stata presa l’abitudine, al Parlamento delle Religioni, di far parlare Vivekananda alla fine dei programmi, di sorta che il pubblico rimane sino al termine della seduta…Quattromila persone sorridenti restavano assise nell’Anfiteatro Cristoforo Colombo, ed attendevano volentieri un’ora o due, per poter ascoltare Vivekananda parlare un quarto d’ora. Il presidente conosceva quella vecchia regola, secondo la quale è abitudine riservare il migliore per la fine. "

 

Uno dei principali privilegi dell’America è attrarre la nobiltà latente degli altri popoli. L’America scoprì Vivekananda e lo propose all’India ed al mondo.

 

I resoconti del Parlamento delle religioni furono ripresi dalle riviste e giornali indù. La difesa della fede indù da parte dello Swami colmò di fierezza i cuori dei suoi compratrioti da Colombo ad Almora, da Calcutta a Bombay. Il massimo della gioia evidentemente fu provato a Calcutta, ove lo Swami era nato, ed a Madras, che aveva deciso l’ardita iniziativa del suo viaggio a Chicago. Nacquero delle riunioni, nelle principali città, per festeggiare il suo trionfo. I suoi confratelli religiosi del monastero di Barangore non erano del tutto convinti della sua identità. Ma, una lettero dello Swami, se imesi dopo la chiusura del Parlamento, dette loro la conferma attesa. Quanto, di conseguenza, furono fieri, della gloriosa attività del beneamato loro Naren !

 

Ma, come reagì Vivekananda medesimo al proprio trionfo, alla realizzazione di un desiderio che da tanto tempo aveva accarezzato? Comprese che la sua vita solitaria di monaco, che comunicava senza posa con Dio, era terminata; non avrebbe più potuto vivere nell’oscurità, con i suoi sogni e le sue visioni. Invece di immergers inella pace e nella serenitò, avrebbe dovuto far fronte ad una carriera di uomo pubblico, con le conseguenti agitazioni e sollecitazioni continue. E, quando ritornò nel suo albergo, dopo la prima seduta del Parlamento, pianse come un bambino.